Tour virtuale agli affreschi della Cripta
Breve testo introduttivo alla pagina, cosa si troverà e che comunque è meglio vederli di persona
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GRUPPO DI TEOFILATTO
L’AFFRESCO
L’affresco, sulla parete est, è il più antico datato dell’invaso. Nella nicchia è raffigurato il Cristo Pantocratore in trono che benedice alla greca con la mano destra e nella sinistra regge il Vangelo. Siede su un trono con la spalliera a forma di lira, che richiama, anche nelle decorazioni, il trono del Cristo raffigurato nel nartece della chiesa di Santa Sofia a Costantinopoli. Le due figure ai lati del Cristo, sempre della stessa mano di Teofilatto, sono la Vergine Annunziata a sinistra e l’Arcangelo Gabriele a destra, che insieme costituiscono l’Annunciazione, unica scena cristologica e mariana della cripta. Colpisce la tridimensionalità e la dinamicità delle figure, che sembrano contraddire i canoni classici dell’iconografia bizantina.
L’ISCRIZIONE
L’elemento più importante dell’affresco è l’iscrizione dedicatoria in greco posta nell’abside, accanto al trono del Cristo. Essa così recita: “Ricordati, Signore, del tuo servo Leone presbitero e di sua moglie Crisolea e di tutta la sua famiglia. Amen. Scritto per mano del pittore Teofilatto, nel mese di maggio, seconda indizione, dell’anno 6467.” Ci dice quindi che l’affresco è stato commissionato dal presbitero Leone e dalla moglie Crisolea ed è stato eseguito dal pittore Teofilatto nel mese di maggio dell’anno del mondo 6467, che corrisponde al 959 dell’era cristiana.
GRUPPO DI EUSTAZIO
L’AFFRESCO
Il Gruppo di Eustazio si trova sulla parete est, quasi specularmente al Gruppo di Teofilatto. Nell’absidiola, un Cristo in trono con la destra in posizione benedicente e con l’Evangelario nella sinistra. A destra compare un’immagine mutila della testa, identificabile con l’arcangelo Michele; si notano infatti le ali di colore scuro lunghe fino alle caviglie e il loros, la stola tempestata di pietre preziose che incrocia sul petto e ricade dal braccio sinistro. A sinistra completa il Gruppo l’immagine della Theotokos Kyriotissa, assolutamente piatta e bidimensionale, secondo lo stile del pittore Eustazio.
L’ISCRIZIONE
L’affresco è corredato da un’iscrizione dedicatoria, che così recita: “Ricordati, Signore, del tuo servo Aprile, di sua moglie e dei figli e dello stesso Musopolo – “Musopolo” in greco significa “cultore delle Muse”: si tratta probabilmente di un soprannome dello stesso Aprile, che evidentemente amava molto le arti – che ha restaurato ed abbellito questo tempio con queste divinissime icone, nel mese di maggio, terza indizione, anno 6528. Scritto per mano del pittore Eustazio. Amen”. L’iscrizione attesta che il trittico è stato eseguito dal pittore Eustazio nel mese di maggio del 6528 (1020 dell’era cristiana) su committenza di Aprile.
GRUPPO DI COSTANTINO
L’AFFRESCO
Con ogni probabilità l’affresco, si sviluppa su due tratti di parete, uno meno esteso rispetto all’altro, che formano una rientranza sulla parete nord. Lo stile pittorico sembra lo stesso su entrambi: le figure femminili presentano acconciature eleganti e abiti riccamente decorati e riprodotti con minuzia, il che rende notevole la fattura dell’affresco. Inoltre l’iscrizione dedicatoria è insolitamente collocata sull’angolo arrotondato tra i due tratti di parete, e sarebbe quindi riferibile ad entrambi.
Nell’incipit ricorre la solita formula “Ricordati, Signore del tuo servo”, un certo presbitero Pankitzes (?), evidentemente il committente dell’opera. A sinistra, sul tratto di parete meno esteso, si nota un’altra iscrizione, che riporta la data 1054-1055 e la dicitura “Scritto per mano del pittore Costantino”.
Le figure affrescate su questo tratto meno esteso sono due. A destra Santa Cristina: ricoperta da un manto rosso, mostra il palmo della mano sinistra. Il nome della santa risulta leggibile, dopo l’ultimo restauro, nel settore a sfondo blu. A sinistra l’immagine di Sant’Elena, madre dell’imperatore Costantino, come si è potuto leggere nello spazio blu in alto a destra. La Santa porta una corona, segno di appartenenza alla famiglia imperiale e, nella mano sinistra, la mappula, una sorta di fazzoletto da tasca usato dai nobili romani di alto lignaggio.
Sulla parete più estesa si trovano quattro immagini: quelle centrali, sicuramente due figure femminili, non sono state identificate con certezza; a destra compare un’immagine di Santa Barbara(?) o di Sant’Agata (?), a sinistra San Paolo (?), anziano, stempiato, con la barba a punta e il manto rosso su tunica bianca.
PILASTRO TUFACEO
L’AFFRESCO
L’attuale pilastro tufaceo potrebbe essere parte del templon ed è stato affrescato almeno tre volte. Sullo strato superiore, che data alla prima metà dell’XI secolo, si vedono tre figure: da sinistra, San Teodoro Tirone, San Nicola e Santa Cristina. Nicola, raffigurato in abiti vescovili, benedice alla greca con la mano destra, appositamente ingrandita per rimarcare il gesto benedicente. Nella sinistra regge l’Evangelario con la mano sotto il mantello. A destra la Santa patrona della cripta si trova affrescata con tutti gli attributi iconografici canonici: le scarpe rosse, il manto rosso, riccamente decorato secondo l’uso orientale, e la coroncina di perle a cingerle i capelli. Nella mano destra, come testimonianza di fede nel martirio, stringe una croce gemmata, simbolo di resurrezione, come l’albero in primavera che dà nuovi germogli.
La figura a sinistra è quella di San Teodoro Tirone d’Amasea, un soldato (Tirōn in greco significa “soldato”) originario delle province orientali dell’Impero, arruolato nell’esercito romano e trasferito con la sua legione ad Amasea (l’odierna città turca Amasya) nel Ponto. Fu martirizzato per il suo rifiuto di abiurare alla fede cristiana. L’immagine del pilastro è quella di un giovane uomo, con la barba scura, vestito con abiti di un dignitario di corte, che richiamano quelli della Santa patrona sullo stesso affresco.
San Nicola era vescovo di Myra, in Asia Minore, e i suoi resti furono portati a Bari nel 1087. Da allora, soprattutto in Occidente, il santo è ricordato come Nicola di Bari. Ma in Oriente egli rimane a tutt’oggi San Nicola di Myra, sebbene i Cristiani d’Oriente si rechino a Bari per venerarlo.
Nell’immagine di Santa Cristina non è visibile la mano sinistra, che con ogni probabilità era in una zona dell’affresco in cui l’intonaco è andato perduto. Dal confronto con le altre immagini, tuttavia, si può presumere che la Santa mostrasse il palmo a chi guarda.
L’ISCRIZIONE
Sotto l’Evangelario di San Nicola si nota una piccola lacuna dell’intonaco da cui traspare uno strato pittorico intermedio. A sinistra, invece, una grossa lacuna, che rende mutila l’immagine di San Teodoro, rivela uno strato pittorico, ancora più profondo di quello intermedio, con un’iscrizione palinsesta, la cosiddetta Iscrizione di Leonzio. Il testo, decifrato e pubblicato nel 2017 dal professor André Jacob, così recita: «Per (l’esaudimento del) voto e la salvezza e la remissione di peccati del servo di Dio Leonzio Zouchas [o forse Zouchès], figlio di Giovanni. Amen (=99)».
TOMBA DI STRATIGULIS
L’AFFRESCO
Il lato sinistro della parete nord nell’endonartece ospita una tomba ad arcosolio. L’elemento più importante è la lunghissima iscrizione funeraria che si trova sulla parete di fondo della tomba. Al centro un’immagine di Santa Cristina, di dimensioni piuttosto ridotte, divide verticalmente l’epitaffio in due metà.
Nell’intradosso dell’arcosolio si trovano rappresentati la Theotokos Kyriotissa e San Nicola, immagine piuttosto simile a quella sul pilastro tufaceo.
L’ISCRIZIONE
Si tratta di un’iscrizione funebre in dodecasillabi bizantini, datata dal professor André Jacob tra il 1055 e il 1075 e da lui ritenuta, fra le iscrizioni funerarie bizantine in versi, la più antica dell’intero bacino del Mediterraneo. Il testo, sulla parete frontale della tomba, è composto da due parti equamente divise dalla figura di Santa Cristina. Le lettere sono di colore bruno su sfondo ocra nella parte superiore di entrambe le metà, e di colore bianco su sfondo scuro nella parte inferiore.
L’epitaffio è conosciuto come iscrizione di Stratigùlis, che in greco significa “generalino”. Così il bambino sepolto nella tomba veniva soprannominato, in omaggio al padre, che era uno spatario, un ufficiale di medio rango nell’esercito bizantino. La parte sinistra dell’iscrizione, dedicata proprio a Stratigulis, così recita: “Qui è sepolto il dolce Stratigùlis, il mio carissimo (figlio), amato da tutti e soprattutto, direi, da suo padre e da sua madre, dai suoi fratelli e dai suoi cugini, da tutti i suoi amici e dai compagni di scuola, benefattore generoso degli schiavi. Come un passerotto è sfuggito dalle nostre mani ed ha riempito di tristezza suo padre e sua madre, i suoi fratelli e i suoi amici carissimi. O Maria, divina signora, tu che sei la sorgente di tutte le grazie, con Nicola il saggio pastore, e con la vittoriosa martire Cristina, metti il mio carissimo figlio nel seno del grande patriarca Abramo...”.
Nella parte destra dell’iscrizione è lo spatario a parlare: «Ho decorato questi muri con nuove immagini, ho scavato una tomba per la sepoltura e il sepolcro del mio corpo che è stato plasmato con fango. Ma a proposito del mio stesso nome, tu dirai: “Chi può essere questo mortale e di dove è?”. Martyrano (oppure Magysano) (rimangono solo tre lettere del nome dello spatario) è il nome, onesto di costumi, spatario e abitante a Karpiniana (Carpignano), servo di Cristo e di questi Santi, della Madre di Dio regina tutta immacolata, di Nicola vescovo di Mira...».
Una raffigurazione delle anime dei beati in grembo ai patriarchi è visibile sulla controfacciata della chiesetta bizantina di Santo Stefano a Soleto. Qui è raffigurato il Giudizio universale e a sinistra si trovano le figure monumentali dei tre patriarchi (Abramo, Isacco e Giacobbe) seduti, con in grembo le anime dei beati.
È interessante notare, inoltre, come nell’iscrizione dell’arcosolio si faccia la distinzione fra amici e compagni di scuola, dettaglio che lascerebbe supporre la presenza sul territorio di un’istituzione scolastica. Il testo restituisce anche l’esatta denominazione di una dignità nell’esercito bizantino (lo “spatario”) e la più antica attestazione scritta del nome del paese: Karpiniana.
L’iconografia di Santa Cristina è piuttosto diversa rispetto alle altre presenti nell’invaso, fatta eccezione per il manto rosso: la patrona infatti non stringe la croce nel pugno destro, non mostra il palmo con la sinistra, ma entrambe le mani sono raccolte sul corpo, ed è priva della coroncina di perle a decorazione dei capelli.
ALTRI AFFRESCHI
ALTRI AFFRESCHI SULLA PARETE NORD
Sulla parete nord del vano principale, oltre al gruppo di Costantino, vi sono altri affreschi, alcuni già visibili, altri riportati alla luce dai restauri del 1998-1999.
Nel tratto della parete vicino al Gruppo di Eustazio, sono visibili quattro figure inserite in un affresco corredato da un’iscrizione dedicatoria. Si tratta, da sinistra a destra, di San Giovanni Evangelista, della Theotokos Kyriotissa, di San Vincenzo diacono e di San Nicola.
Di fronte all’ingresso principale sono affrescate, una accanto all’altra, due immagini di Santa Cristina (quella a sinistra è più antica) entrambe corredate da un’iscrizione dedicatoria.
Adiacente al Gruppo di Costantino appare la figura di un cavallo e in basso si intravede un dragone. Con ogni probabilità si tratta di San Teodoro Tirone a cavallo nell’atto del sauroctono.
SANTA CRISTINA (sec. XV?)
L’unico affresco sulla parete sud del vano principale riproduce una Santa Cristina, risalente forse al secolo XV, l’unica figura velata presente nell’invaso e con caratteristiche iconografiche molto diverse da tutte le altre immagini della Santa, decisamente bizantine.
AFFRESCO SULLA PARETE OVEST DEL VANO PRINCIPALE
Qui si trova un gruppo di tre figure, riportate alla luce dai restauri del 1998-1999. Da sinistra, un Arcangelo (quasi sicuramente Michele), un’immagine della Theotokos Kyriotissa, completamente mutila del volto, e un altro Santo non ancora identificato con certezza.
AFFRESCHI SULLA PARETE OVEST DELL’ENDONARTECE
Questa parete ospita varie figure di epoche diverse. Accanto all’arcosolio, partendo da destra vi sono un’immagine di San Biagio, coeva all’arcosolio, e una di Sant’Antonio Abate (?), probabilmente duecentesco. Dopo un tratto di parete privo di colore, compare un’immagine settecentesca di Santa Marina, cui segue un’altra figura bizantina identificata con un Arcangelo grazie ai restauri del 2003.